Copenaghen
di Michael Frayn
lo spettacolo
Niels Bohr, famoso fisico teorico
danese, per metà ebreo, vive a Copenaghen con la fedele e sollecita
moglie Margrethe. È il 1941, l'occupazione nazista della Danimarca
è in pieno corso e i Bohr ricevono l'inattesa visita dell'allievo
più brillante e amato dell'uomo, Werner Heisenberg. Questi, ha accettato
di collaborare con il regime nazista, che
gli consente fra l'altro di proseguire le proprie ricerche, sicuro
che esse potranno essere d'aiuto nel determinare l'esito della
guerra in atto. Heisenberg, e lo stesso Bohr, infatti, si occupano
di fisica nucleare.
L'efficacia drammaturgica del testo è frutto della sua costruzione
(l'incontro fra il maestro e l'ex-allievo è rievocato molti anni più
tardi, quando i suoi protagonisti sono forse ormai morti) e delle
tematiche affrontate. Su una spoglia scena assistiamo alla
rievocazione di quel fatidico giorno del 1941, interpolato da altri
ricordi, che impercettibilmente si inseriscono fra le maglie larghe
della memoria. L'incontro, realmente accaduto, è la classica goccia
che fa traboccare un vaso colmo di rivendicazioni e rancori, affetti
traditi e personali frustrazioni. Il rapporto che lega Bohr e
Heisenberg, assimilabile a quello fra padre e figlio, ha perduto la
spontaneità originaria ed è stato incrinato dalle diverse scelte di
vita e dall'indirizzo differente delle rispettive ricerche
scientifiche. Una degenarazione, o meglio una trasformazione, di cui
è testimone Margrethe, cui è affidato il ruolo di coro non
imparziale della vicenda.
Frayn non si limita a dibattere una
questione di etica sempre drammaticamente attuale (in che misura la
scienza può essere giudicata colpevole dei delitti terribili
compiuti grazie alle sue scoperte?) ma ribadisce come alla base di
qualsiasi evento, piccolo o grande, vi sia sempre l'uomo, con le sue
paure e i suoi dubbi, le sue invidie e i suoi egoismi.
con Pino Navarretta (Luca Bassi Andreasi), Andrea Albertini e Paola Sembeni (Ester Liberini)
adattamento e regia di Bruno Frusca