i sogni muoiono all'alba

di Indro Montanelli

i sogni muoiono all'alba

Montanelli e la rivoluzione ungherese

Nell'ottobre '56 Montanelli si trovava a Vienna ospite di un amico, l'ambasciatore italiano Lillo Solinas. Alla notizia dei moti in Ungheria si diresse verso Budapest. Fu uno dei primi giornalisti al mondo ad essere presente nell'Ungheria in rivolta. Le notizie, riguardanti l'Ungheria, che erano arrivate nell'Europa occidentale, parlavano di una rivolta di ex-fascisti e della classe borghese stanca del trattamento ricevuto. Appena Montanelli, però, mise piede sul territorio magiaro, poté vedere con i suoi occhi che così non era. Mentre molti corrispondenti italiani "legati" al blocco sovietico perseveravano nell'idea di un "regolamento di conti" della vecchia guardia fascista e dell'`lite alto-borghese, Montanelli prospettava una lotta intestina al movimento comunista. Gli studenti partigiani, anima della rivolta, facevano parte appieno del sistema comunista - erano iscritti al partito e militavano nei Soviet. Montanelli prima dell'esperienza ungherese aveva molti dubbi sulle rivolte popolari, ma durante la sua permanenza a Budapest si trovò a fare "un esame alla sua coscienza" lo racconta lui stesso: 

"A Budapest arrivai con un certo bagaglio d'idee e di convinzioni o per meglio dire di miscredenze. Ero persuaso, per esempio, che il «popolo in armi» fosse una figura retorica che la «classe operaia» avesse per ideali soltanto il frigidaire e la televisione, e che le rivolte nascessero dall'indebolimento e dall'incertezza dell'oppressore, più che dalla determinatezza e dal coraggio degli oppressi. Ora, di queste mie certezze non rimane in piedi nemmeno un frammento. [...] E non si è trattato soltanto di un'ubriacatura momentanea. Lo si poteva credere durante la prima rivolta, dal modo com'era nata, senza capi né programma. Ma chi ha visto quella città sorpresa nel sonno da cinquemila carri armati, avventarglisi contro compatta, ogni casa trasformata in fortino, ogni finestra in feritoia, e pavimentare di morti le sue strade in quattro giorni e quattro notti di accanita battaglia, eppoi, rimasta senza munizioni, incrociare le braccia e lasciarsi arrestare, fucilare, deportare, morire di fame e di freddo, piuttosto che collaborare; eh no, chi ha visto questo, all'ipotesi della sbornia non può più credere."


lo spettacolo

La pièce in due tempi riferisce la drammatica situazione di cinque reporter italiani, alloggiati nella periferia di Budapest, quando, all'alba del 4 novembre, un rombo di cannone annunzia la controrivoluzione. Sapranno resistere, gli ungheresi, ai carri armati sovietici? Che cosa fare? Fuggire o restare? Quale atteggiamento assumere dinanzi agli invasori? Le diverse scelte portano sulla scena la storia personale di ognuno, in un intrico di miseria morale e di riscatto, di seducenti miraggi e di nostalgie svanite. La commedia è solcata da un senso di tristezza per il tramonto dei sogni e per la consapevolezza della relatività e mediocrità delle umane vicende. 
Gianni, retorico professionista dei servizi di guerra, ed Alberto sono al centro d'una astiosa polemica. L'apparente sarcasmo di Alberto nasconde una profonda crisi in atto nella coscienza dell'ex partigiano. Sergio, un giovane comunista, che, nelle poche ore che precedono l'alba, vive un rapido ed intenso romanzo d'amore con Anna, una partigiana ungherese. C'è poi Andrea, l'intellettuale del gruppo, personaggio che si ispira chiaramente all'autore. Anche se tutti i cinque giornalisti possono in qualche modo riferirsi alla figura di Montanelli o comunque ai giornalisti in generale, con i loro vizi e i loro pregi, essi delineano una sorta di psicanalisi del mestiere di giornalista. 
Il fatto stesso di credere nel sogno di libertà, anche se a tratti sembra drammaticamente svanire, avvicina sempre di più al suo raggiungimento. I sogni muoiono all'alba, ma prima di quell'alba essi sono permeati di realtà, di quella realtà che sa trasformarsi in certezza e preludio di quei fatti che troveranno la loro piena espressione di libertà solo dopo molti anni a venire.

con Rosanna Pedrinelli, Michele Bolognini, Mario Pastelli, Nicola Delbono, Pino Navarretta, Daiana Bussi (Elisa Minelli) e Silvio Lazzaroni (Donato Seramondi) 
adattamento e regia di Bruno Frusca

Gruppo teatrale LA BETULLA

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